mercoledì 13 ottobre 2010

Gli sconfitti siamo noi

Benvenuti nel teatro del paradosso: una Nazione che si scandalizza per una partita rinviata, un'altra che si scusa e rimprovera la parte lesa per quanto accaduto. L'Italia viene presa ancora una volta in contropiede: vince a tavolino, ma perde in prevenzione.

La domanda più ricorrente dopo la serata di Marassi, è stata:"si poteva evitare?". La risposta è sì. Ormai il calcio è diventato uno pseudonimo per nascondere rivalità tramutate in odio, nazionalismi, sfoghi e frustrazioni della gente fuori dal normale, sempre più mescolata a quella comune.
Ci chiediamo il perchè di tutto ciò: perchè la parola repressione rimane un optional isolato? Perchè si fa la voce grossa sempre in seguito ai guai provocati dagli altri? Perchè nelle tribune è vietato entrare con un ombrello, ma in curva si passa con i fumogeni, le spranghe e i motorini?

Siamo immersi in un capitolo letto e riletto nel corso degli anni, spettacolarizzato dai media finchè ce n'è bisogno (pensiamo alla telecronaca a 4, spesso incomprensibile, che Rai Uno ci ha offerto ieri sera), e ripescato ogni volta che la tragedia avviene. Il calcio italiano convive con l'utopia di potere riportare le famiglie negli stadi, e quando sembra esserci riuscito, contro tutto e tutti, ricade nella contraddizione che lo contraddistingue, ovvero l'esistenza di un ambiente in cui prevale la forma e non la sostanza. Noi, popolo di pensatori, che fingiamo di avvicinarci al "modello inglese" e rimaniamo ostaggio di chi saccheggia le nostre città, non siamo capaci di applicare nemmeno le norme più elementari.

Facciamo allora vincere la Pay Tv, le gare a mezzogiorno, le cupole, i palazzi di calciopoli e tutto ciò che sta al di fuori del calcio giocato. Con questi presupposti, non possiamo aspettarci altro.

Nessun commento:

Posta un commento