venerdì 15 ottobre 2010

Milan e Roma domani in campo. La Serie A riparte con Pato e Toni.

Dopo la sosta per la Nazionale, il campionato riparte con due anticipi importanti: in campo Milan e Roma, entrambe impegnate di fronte al proprio pubblico rispettivamente con Chievo e Genoa.

MILAN, RIECCO PATO

La novità in casa rossonera è rappresentata da Pato. Il giocatore è ritornato disponibile dopo un periodo di assenza e farà coppia dal primo minuto con Ronaldinho per comporre l'attacco stellare insieme al solito Ibrahimovic. In difesa c'è Abate insieme a Nesta e Thiago Silva.
Il Chievo di Pioli non starà a guardare. La squadra veneta è affamata di reti e vuole fare risultato sperando nel cinismo di Pellissier e Moscardelli, supportati da Bogliacino. Per i veneti, confermato quindi il 4-3-1-2 con i perni Mantovani, in difesa, e Marcolini a centrocampo.

ROMA, SETTIMANA INTENSA

E' di poche ore fa la notizia lanciata dal Financial Times, che vedrebbe una dozzina di acquirenti pronti a rilevare l'A.S. Roma, provenienti da tutte le parti del mondo, in particolare da Stati Uniti, Russia e Cina. Ieri Italpetroli aveva smentito qualsiasi trattativa, ma gli incontri con i nuovi interessati potrebbero avvenire già a partire dal prossimo mese.

Roma - Genoa sarà la partita dell'ex Luca Toni. Il giocatore si era ben ambientato a Trigoria, ma ha lasciato la capitale con destinazione Genova. E l'attaccante ha tanta voglia di segnare nel suo vecchio stadio.
I padroni di casa scenderanno in campo con Lobont in porta al posto del convalescente Julio Sergio. Difesa a tre e centrocampo con Simplicio dal primo minuto per l'infortunato De Rossi. Totti in attacco al supporto di Borriello.
Il Genoa risponderà con il tridente. Insieme a Toni ci saranno Sculli e Palacio. Mesto arretrato insieme a Kharja; in difesa confermati Ranocchia e Danielli.

giovedì 14 ottobre 2010

Ma quale strage evitata. E Stankovic va punito. Italia – Serbia, vi dico la mia

Messo a ferro e fuoco Genova. Strage evitata. Abbiamo rischiato un altro Heysel. No ma dico, stiamo scherzando?
Un gruppo di 200 tifosi – nell’accezione più letterale del termine –sono riusciti a fare un po’ di confusione nella città della Lanterna, ma sinceramente, il disastro, io non l’ho visto. Sono d’accordo nel parlare di animali, di bestie, ma cerchiamo di focalizzare l’attenzione su un aspetto: questi ragazzoni di estrema destra male non l’hanno fatto ad alcuno
. Hanno distrutto mezzo stadio, ma in città potevano cercare lo scontro fisico con chiunque, e gli unici con cui se la sono presa sono stati proprio i giocatori serbi. Non venitemi a parlare degli scontri dell’1.30: quella era una normale continuazione dell’esplosione di rabbia dello stadio. Heysel? Ma per piacere, non tiriamo in ballo quella strage. E ancora, strage evitata? Caro ministro Maroni, se avesse alle sue dipendenze gente con più palle – per inciso magari capace a usare il manganello a Genova non solo contro gli studenti – forse non sarebbe successo proprio nulla.
Comunque sia, provo a spiegarvi il motivo per il quale, secondo serbi, italiani, addetti ai lavori e non, Ivan Bogdanovic e soci avrebbero tentato l’assalto a Stankovic e compagni.
Bisogna farne un discorso politico: in Serbia, al comando, c’è Tadic, come presidente della Repubblica e Cvetkovic a occupare la poltrona di Primo Ministro. Entrambi fanno parte del Partito Democratico, per cui assolutamente agli antipodi rispetto alla curva serba. C’è chi sostiene che questi mezzi rifiuti della società, cresciuti nel clima della sopraffazione siano assoldate (cosa che per altro succede dal 1992, con Milosevic) da gruppi politici della stessa bandiera per dare spallate al gruppo di maggioranza. Manovrati da ultranazionalisti, questi tifosi, che sarebbero sia dello Stella Rossa che del Partizan, mossi da giustificazioni ideologiche servono il loro potere.
Altri ancora, in netta minoranza, credono invece in un’altra tesi. Quella opposta. Cioè che Tadic, Cvetkovic e altre cariche dello stato stiano cercando di mettere fuori legge gli ultras ultranazionalisti: sapevano della guerriglia prevista, non avrebbero quindi avvertito il Viminale appunto per permettersi di epurarli.
A mio avviso, invece, si tratta di un gruppo di persone con un grandissimo (esagerato) senso della patria. Perdere 3-1 con l’Estonia è troppo per chiunque. Resto dell’idea che Stankovic sia stato comunque semplicemente ammattito a salutare i suoi con il simbolo dell’ultranazionalismo. Si dimostra quello che è: un ultranazionalista serbo, pronto ad appoggiare la sua curva che fa saltare una partita della nazionale. E alla fine le lacrime, di coccodrillo. Va punito, in quanto capitano. Ha incitato i suoi. Prima di dire qualsiasi cosa, guardate qua: è primavera, la Serbia ha vinto: Stankovic, ancora una volta, saluta così. Non era per dire, "perdiamo tre a zero".



mercoledì 13 ottobre 2010

Gli sconfitti siamo noi

Benvenuti nel teatro del paradosso: una Nazione che si scandalizza per una partita rinviata, un'altra che si scusa e rimprovera la parte lesa per quanto accaduto. L'Italia viene presa ancora una volta in contropiede: vince a tavolino, ma perde in prevenzione.

La domanda più ricorrente dopo la serata di Marassi, è stata:"si poteva evitare?". La risposta è sì. Ormai il calcio è diventato uno pseudonimo per nascondere rivalità tramutate in odio, nazionalismi, sfoghi e frustrazioni della gente fuori dal normale, sempre più mescolata a quella comune.
Ci chiediamo il perchè di tutto ciò: perchè la parola repressione rimane un optional isolato? Perchè si fa la voce grossa sempre in seguito ai guai provocati dagli altri? Perchè nelle tribune è vietato entrare con un ombrello, ma in curva si passa con i fumogeni, le spranghe e i motorini?

Siamo immersi in un capitolo letto e riletto nel corso degli anni, spettacolarizzato dai media finchè ce n'è bisogno (pensiamo alla telecronaca a 4, spesso incomprensibile, che Rai Uno ci ha offerto ieri sera), e ripescato ogni volta che la tragedia avviene. Il calcio italiano convive con l'utopia di potere riportare le famiglie negli stadi, e quando sembra esserci riuscito, contro tutto e tutti, ricade nella contraddizione che lo contraddistingue, ovvero l'esistenza di un ambiente in cui prevale la forma e non la sostanza. Noi, popolo di pensatori, che fingiamo di avvicinarci al "modello inglese" e rimaniamo ostaggio di chi saccheggia le nostre città, non siamo capaci di applicare nemmeno le norme più elementari.

Facciamo allora vincere la Pay Tv, le gare a mezzogiorno, le cupole, i palazzi di calciopoli e tutto ciò che sta al di fuori del calcio giocato. Con questi presupposti, non possiamo aspettarci altro.

martedì 12 ottobre 2010

INTER, COSA NON FUNZIONA DOPO DUE MESI DI GESTIONE BENITEZ

Dopo l'annata strepitosa della passata stagione, i tifosi neroazzurri si sarebbero aspettati un avvio di campionato decisamente diverso. E' vero, dopo cinque giornate la vetta della classifica dista appena due lunghezze dalla capolista Lazio, ma le difficoltà palesate dalla squadra in questi primi mesi di gestione Benitez non lasciano del tutto tranquilli. I motivi di questo avvio stentato sono ovviamente rimediabili con il passare del tempo, ma se dovessimo fotografare lo stato di salute attuale della formazione c'è poco da stare tranquilli. Vediamo punto per punto cosa non funziona.


1) CONDIZIONE FISICA PRECARIA. I giocatori non sembrano correre a mille come sotto la gestione Mourinho. Spesso la squadra sembra arrivare nel finale di partita con il fiatone e con poca lucidità (vedi sconfitta a Roma). Il cambio di preparazione tra Rui Faria e Paco De Miguel è stato radicale (sicuramente più del 20 % annunciato da Benitez in sede di presentazione), la filosofia dei due preparatori atletici ha cambiato il modo d'allenare le gambe dei giocatori che non sembrano ancora aver digerito il cambio di metodi dopo un biennio di allenamenti molto particolari. Gli svariati infortuni muscolari patiti da un gran numero di uomini è sicuramente un campanello d'allarme da non trascurare.


2) POST MONDIALE TRAMAUTICO. Dopo il mondiale i brasiliani e gli argentini in rosa sembrano aver smarrito la serenità. L'esperienza fallimentare delle due nazionali ha influito infatti negativamente sul morale dei giocatori che ancora faticano a metabolizzare le critiche e i contraccolpi subiti in terra Sudafricana. Milito per esempio sembra il gemello brocco del giocatore fenomenale della stagione passata, Maicon appare stanco e demotivato, quasi un ex giocatore. Julio Cesar è sempre più altalenante nelle prestazioni e non è più una sicurezza come in passato. Il solo fenomenale Eto'o non può certamente bastare.
3) CAMBIO FILOSOFIA TATTICA. L'era Benitez si è aperta con un radicale cambiamento a livello tattico. Dopo anni di successi ottenuti grazie al contropiede e rapide verticalizzazioni, ora lo spagnolo predica possesso palla e difesa altissima. Cambiare si sà, non è mai facile, soprattutto quando si hanno in rosa giocatori ormai maturi e abituati a giocare in un certo modo. Ciò che lo spagnolo predica forse potrà avere successo in Champions ma in Italia qualche difficoltà la si troverà quando si giocherà con squadre che badano solo a difendersi e ad arroccarsi dietro la linea del pallone. Un altro dubbio che dovrà essere risolto riguarda l'adattabilità degli uomini a disposizione ad interpretare un calcio così particolare. Ce la faranno i giocatori ad adattarsi senza problemi?
4) CALENDARIO NON FACILE Il calendario quest'anno ha disegnato per i neroazzurri un avvio di stagione abbastanza complicato. In successione si sono dovute affrontare squadre che l'anno scorso si sono piazzate nelle posizioni d'onore. Incontrare Palermo, Roma, Bari, Juve e Udinese non è mai facile, soprattutto se ciò accade AD inizio stagione dopo un Mondiale e se si gioca nel frattempo anche i gironi di Coppa Campioni. La precaria condizione atletica e la forza di queste squadre spiegano (in piccola parte) i motivi di un avvio poco entusiasmante.
5) SARA' BENITEZ IN GRADO DI ACCELERARE? Ormai è chiaro. Benitez non è uno che tiene tutti sulla corda in modo nevrotico come il suo predecessore. Ci si chiede se i suoi metodi da professore universitario siano quelli giusti per tenere sotto controllo un'armata brancaleone come quella neroazzurra storicamente sempre molto nervosa e poco incline ad essere tranquilla. Dopo appena cinque partite gli spifferi di nervosismo provenienti dallo spogliatoio non sono mancati. Mai avevamo visto con Mourinho giocatori così intraprendenti dal punto di vista disciplinare. I casi Milito (contro il Palermo) Chivu (Roma), Maicon e Muntari ( Juventus) fanno riflettere e sono sicuramente una spia rossa che indica che non tutto sta procendendo come lo spagnolo vorrebbe. Urge una lavata di capo e un veloce ritorno alla disciplina se si vorrà tornare ad essere quella squadra che tanto aveva impressionato negli anni precedenti.

domenica 10 ottobre 2010

Fiorentina, è emergenza su tutti i fronti.

C'è tensione in casa viola. La Fiorentina ha definitivamente rinunciato al progetto di realizzare la "Cittadella viola", ovvero un nuovo stadio circondato negozi, servizi e alberghi per autofinanziare il club toscano. Un'idea all'inglese, che i Della Valle sembravano volere inaugurare per primi in Italia, ma che non ha trovato l'assenso del Comune di Firenze e soprattutto della Regione.
La proprietà era convinta di rilanciare le finanze del club proprio con questo progetto a lungo termine e di portare avanti la gestione della Fiorentina in modo autonomo. Per ora tutto è saltato.

Nel frattempo la società ha deciso di concentrarsi sugli elementi a disposizione: la panchina di Mihajlovic non è in pericolo, nonostante i risultati deludenti di questo avvio di stagione e rimarrà in viola anche il D.S. Corvino che sembrava pronto a fare le valigie.

Di certo fare l'allenatore a Firenze di questi tempi non è un'impresa facile: la squadra conta ben tredici infortunati e l'emergenza è tutta per il centrocampo, dove alla lunga convalescenza di Jovetic, si sono aggiunti gli stop di D'Agostino, De Silvestri, Pasqual e Natali. Ai box anche Bolatti e Gilardino che sembrano recuperabili per la prossima di campionato in casa della Sampdoria, dove però mancherà anche Montolivo, squalificato.